Covid19: effetti collaterali in architettura. Dall'horror vacui alla riscoperta dello spazio.

Intervista di Monica Brondi a Alberico Barbiano di Belgiojoso, architetto, titolare dello Studio BBPR di Milano

 

Ho incontrato per la prima volta l’Architetto Alberico Barbiano di Belgiojoso nel suo studio di Milano, in via Perugia 8, presentatomi da Irene Avino, mia collaboratrice, anche lei architetto, che fu per diversi anni sua assistente. Ricordo con meraviglia il rigoglioso giardino interno del palazzo, che attraversammo per entrare nel mitico studio di architettura BBPR, fondato da Gianluigi Banfi, Lodovico B. Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers e di cui oggi è titolare Bico, abbreviazione di Alberico, nome con cui è molto conosciuto nel mondo culturale milanese.

Lo studio BBPR, dal 1932 ad oggi protagonista indiscusso della storia dellarchitettura in Italia, ha formato 3 generazioni di architetti: la Torre Velasca di Milano rappresenta ledificio simbolo di una modalità progettuale sempre nel segno delloriginalità e dellinnovazione. 

Alberico di Belgiojoso ha all'attivo una lunga carriera costellata di progetti e restauri prestigiosi a Milano, come quello di Palazzo Reale e dei Chiostri di SantEustorgio e la riqualificazione di tutto il complesso dellAccademia di Belle Arti di Brera. Ha insegnato per molti anni al Politecnico di Milano e continua la sua turbinosa attività convegnistica in Italia e allestero e anche conl'Associazione Architetti per Milano di cui è Presidente.

A fine aprile di questanno,  in piena emergenza Coronavirus, decido di contattare Bico per chiedergli unintervista sul tema Covid19: effetti collaterali. Mi interessano le sue considerazioni da architetto appassionato e da acuto osservatore dei fenomeni sociali che impattano sullarchitettura e sullurbanistica.

Mi risponde con la sua simpatica e inconfondibile  erre", con quel tono pacato e quello stile understatement che nascondono in realtà nobili natali e la discendenza dal condottiero Alberico da Barbiano.

Come stai vivendo Bico, da architetto e da professionista, questa fase di emergenza Covid?
Io ho la fortuna di avere lo studio sotto casa, per cui riesco a scendere ogni giorno in ufficio senza problemi. So di vivere una condizione privilegiata, perché ho un giardino con tanto spazio davanti,  in cui posso passeggiare al sole… Posso dire che dall’inizio di questa emergenza siamo riusciti ad organizzarci in smart working:  io lavoro da solo in studio, i miei collaboratori operano da casa,  e quindi l’attività non si è fermata e va avanti.

Nel tuo studio BBPR si lavorava già in smart working? Quali sono le problematiche o i vantaggi di questa modalità di lavoro?
Solo occasionalmente, e non come procedura abituale. In questa occasione mi sono reso conto che per lavorare in smart working ci vuole più autorganizzazione mentale per coordinare le persone e per programmare le priorità, e c’è una certa dispersione dovuta ai tempi di connessione e a volte a qualche intoppo informatico….In questo periodo ho sviluppato e perfezionato il mio rapporto con lo scanner… perché mi permette di schizzare a mano subito l’idea che ho in mente, scansionarla e trasmetterla ai miei collaboratori. Così possiamo condividerla sullo schermo e discuterne insieme. Io, poi,sono un amante della carta e quindi preferisco leggere sui fogli stampati piuttosto che a computer o sul telefonino. E quando c’è qualcosa di un po’ più impegnativo, me lo stampo e me lo leggo: col risultato che queste carte in più che produco, devo poi trovare anche il tempo di metterle in ordine...

Ho fatto questa stessa domanda ad un filosofo (Riccardo Manzotti, protagonista della prima intervista di questo ciclo) e la farò ad altri esponenti del mondo della cultura, delle imprese, delle professioni.  Quali “ effetti collaterali” hai riscontrato in Italia a seguito dell’emergenza Coronavirus ? Mi interessa in questo caso il tuo punto di vista professionale di architetto, ma anche quello più personale
In questa emergenza, delicata e difficile perché del tutto inedita, mi sarei aspettato da parte dei giornalisti un atteggiamento di maggior responsabilità nell’informare la popolazione sulle misure adottate dal Governo e dalle Istituzioni: si è dato a mio avviso troppo spazio a esternazioni estemporanee e a posizioni critiche che hanno favorito la confusione e generato ulteriore incertezza nella gente. Sono arrivato a pensare che avrebbero dovuto darsi una sorta di codice etico…pur nel rispetto della libertà di stampa.

E un’altra cosa che mi ha sopreso e colpito invece positivamente è stato l’atteggiamento dei medici e degli infermieri che sono arrivati a mettere a rischio la vita per salvare i loro malati. Personalmente l’ho letto, non tanto come un eccesso di senso del dovere, ma invece come dedizione e passione incondizionata per la propria professione.

Nella tua brillante carriera ti sei occupato di importanti interventi sugli edifici storici più prestigiosi di Milano: da Palazzo Reale,  ai Chiostri di Sant’Eustorgio  al Castello Sforzesco al Complesso di Brera, per citarne solo alcuni: in ognuno di questi progetti emerge la tua capacità di armonizzare il nuovo con l’antico, anche in edifici vincolati. Qual’è il principio che segui nell’intervenire da architetto, sul tessuto urbano?
Prima di tutto mi interessa capire come le persone realmente vivono la città, quali funzioni e quale significato quegli spazi o quegli edifici hanno assunto per i cittadini che li frequentano.

Agire per migliorare e non per sostituire, è un principio che applico nei centri storici ma anche nelle periferie, che sono le aree più fragili, dove sotto l’apparente disordine si nasconde molto spesso un ordine funzionale a qualcosa o l'eredità di precedenti destinazioni d’uso. Sono questi i principi che ho sempre seguito sia nella progettazione e sia negli anni di insegnamento al Politecnico di Milano.

Il rischio del contagio e le misure di distanza sociale ci stanno costringendo a rivedere e a riorganizzare il nostro modo di vivere in casa, nei locali e in città. Sta cambiando anche il nostro modo di pensare e di vedere le cose?
In effetti c’è la prospettiva che queste problematiche ci accompagneranno a lungo, e quindi dovremo contemporaneamente far funzionare le attività e difendere la salute. Questa fase 2 ad esempio ci ha sensibilizzati alla percezione dello spazio. Noi architetti siamo abituati per vocazione naturale e per professione a vedere il mondo in una dimensione spaziale, ma le persone prima del Covid, perloppiù non ponevano attenzione alle distanze.  Oggi non ci si mischia più come capita, ma si è più consapevoli della propria presenza in uno spazio, aperto o chiuso che sia.

Anzi, attraverso queste misure di distanza sociale,  si è riscoperto un nuovo ordine geometrico (pensiamo alla fila ordinata fuori dal supermercato,  o all’ordine a scacchiera tra i tavolini dei bar e dei ristoranti). Ovviamente questi giochi di  composizione e ricomposizione affascinano noi architetti, anche se sono ben consapevole che si tratta di misure di sicurezza che comportano molti disagi e conseguenze negative sulle attività economiche. Ma la presa di coscienza dello spazio può essere un piccolo passo avanti verso una maggiore maturità sociale.

A volte sento dire “quando una piazza è vuota è brutta”, io dico invece “quando una piazza è vuota è bella”: ad esempio la piazza del Duomo completamente vuota è bellissima. Certo, si tratta di una condizione anomala, ma è importante essere consapevoli che lo spazio non è sempre un vuoto da riempire.  

Come possiamo attrezzarci al futuro? Che cosa si può fare a livello urbanistico e abitativo per aumentare la sicurezza e la vivibilità delle nostre case e delle nostre città?
Non voglio cadere nella banalità e sostenere come ha fatto qualche collega che d’ora in poi “bisognerà fare le case più larghe”! All’esigenza di ampliamento degli spazi abitativi, difficilmente attuabili nelle aree urbane ad alta densità, si potrebbe supplire con l’aumento del numero dei balconi e con l’ampliamento della superficie dei terrazzi: anche attraverso un obbligo di legge.

L’esigenza di spazi verdi in città , con il fenomeno Covid, è diventata  prioritaria e urgente, non solo per il benessere ma per la salute: quindi dovremo realizzare più giardini e angoli di natura fruibili dai cittadini, nei quartieri e in prossimità dei palazzi.

E veniamo alle misure minimali di sicurezza sanitaria: tutte quelle tipologie di apertura e chiusura non manuali, cioè con comando a pedale, a gomito, etc, che evitano il contatto diretto con la pelle.  Credo che oggi sempre più saranno da  preferire questo tipo di dispositivi in alternativa alle maniglie. 

Mi sta molto a cuore un tema, su cui come studio stiamo già lavorando da tempo.Il nostro Paese dispone di un patrimonio unico e straordinario di borghi storici, molto spesso spopolati, che potrebbero rappresentare la scelta strategica del futuro. Andare a vivere fuori città, utilizzando sempre più le modalità di lavoro a distanza, garantirà una riduzione del traffico e dei tassi  di inquinamento, ma soprattutto consentirà un notevole miglioramento della qualità delle vita delle persone, anche in presenza di emergenze sanitarie come quella che stiamo vivendo.

A livello umano, che eredità ci lascia secondo te questa emergenza Covid?
Questo isolamento sociale mai sperimentato, credo che ci abbia insegnato che siamo in grado di stare da soli, a leggere, a meditare senza dover sempre contare sugli altri o su distrazioni esterne: ci ha insegnato a riscoprire la nostra vita interiore.

La vita interiore: un’espressione che mi rimanda improvvisamente a  Lessico Famigliare di Natalia Ginzburg: in cui il marito Leone Ginzburg, grande appassionato di montagna, trascinando i figli svogliati in impervie escursioni, li rimprovera dicendo: "certo che voi non potete capire la montagna: perché non avete nessuna vita interiore.” Larch. Alberico Belgiojoso, in arte Bico, mi conferma di ricordare il libro e proprio quella battuta, e condividiamo una bella risata. Non so se dai virus ci salveranno i vaccini, ma forse ci salverà la vita interiore.

 

Immagini: 1. Edificio in viale Caldara; 2. Progetto per il complesso di Brera; 3. Restauro e riorganizzazione di Palazzo Reale

 

Alberico Barbiano di Belgiojoso è nato a Milano il 28 maggio 1938. Laureato in architettura al Politecnico di Milano nel 1963 e iscritto all'Ordine degli architetti, progettisti, paesaggisti e conservatori della Provincia di Milano, n.963, come architetto libero professionista.
Dal 1963, dopo alcuni anni con colleghi coetanei,  collabora con lo Studio BBPR, fondato da Gian Luigi Banfi, Lodovico B. Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto N. Rogers e viene inserito come partner dello Studio BBPR dal 1973 al 2004. Negli anni 1970/1990 svolge importanti lavori in Kuwait e in Medio Oriente.
Dal 2004, mancati i soci fondatori, prosegue l’attività come titolare dello Studio Belgiojoso.
In contemporanea svolge l’attività di Professore Ordinario presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove ha tenuto il Corso di Progettazione Architettonica e Urbana fino al 2010.
Come partner dello Studio BBPR collabora a diversi progetti in Italia e all’estero, molti dei quali edifici divenuti land mark del territorio urbano. Caratteristica costante è la modalità progettuale: perseguire la capacità di inserire il nuovo in contesti fortemente storicizzati. Ciò si affianca a un importante attività di restauro su edifici vincolati. Negli anni 1970/1990 ha svolto importanti lavori in Kuwait e in Medio Oriente.
Con incarico diretto svolge l’attività che segue.
Restauro di Palazzo Reale II e III lotto (concluso nel 2009); in contemporanea il restauro dei Chiostri di San Eustorgio (1999-2001) sempre a Milano, progetto di restauro in cui viene inserito il Museo Diocesano.
Del 2000 è il Progetto per l’arredamento e l’allestimento della Sala delle Armi del Castello Sforzesco, un intervento su un sistema museale degli anni ’50-‘60, per un aggiornamento motivato dalla protezione ambientale delle armature e dal potenziamento della funzione didattica.
Sempre per il Castello Sforzesco, nel 2013, è lo Studio Preliminare del sistema dei percorsi e delle funzioni, con alcune previsioni progettuali per ampie porzioni, in previsione delle opere di riqualificazione da realizzare a cura dell’Amministrazione comunale.
Del 2005-2006, su incarico del Ministero dei Beni e Attività Culturali e di Banca Intesa, è il Progetto Preliminare per il restauro e la riqualificazione funzionale di tutto il complesso di Brera a Milano, sede dell’Accademia di Belle Arti, della Pinacoteca, della Soprintendenza, dell’Osservatorio astronomico, della Biblioteca Braidense, dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere.
Degli anni tra il 2010 e il 2016 è, per incarico del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano, il Progetto Preliminare per la ristrutturazione complessiva dell’edificio vincolato in cui ha sede l’istituzione musicale. Il Progetto riceve l’approvazione della Soprintendenza e viene realizzato in parte con il Progetto esecutivo e la realizzazione della Biblioteca.
L’attività di restauro e di riqualificazione funzionale, nel settore privato si svolge nel Castello di Caidate (VA), nel Castello di Corenno (LC) in cui si costruisce ex novo la “residenza della Proprietà” (2010), nell’edificio della Darsena (2015) sempre a Corenno (LC) e attribuita al Cagnola, e, negli anni 2004-2007 nel complesso storico della Villa S. Maria Molgora a Vimercate (MI); tutti edifici sottoposti a vincolo della Soprintendenza.
Negli anni 2014 – 2018 per incarico della National Gallery of Canada, ha operato il restauro del Padiglione del Canada alla Biennale di Venezia, con lavori di smontaggio, riparazione, e rimontaggio.
Negli anni 2015 – 2019 per incarico dell’ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati) a curato il Riallestimento a Firenze del Memoriale Italiano di Auschwitz, con il Ministero Beni e Attività Culturali, e l’Opificcio Pietre Dure, e ha progettato la Mostra “Un filo ininterrotto, il Memoriale Italiano di Auschwitz e la Memoria della Deportazione”.
Dal 2019 sta progettando per privati la riorganizzazione della Villa Florabella a Corenno (Lecco).
Architetto e urbanista, la sua attività professionale (e universitaria) si sviluppa non solo nel restauro ma anche nei settori dell'ambiente urbano, del disegno a grande dimensione, nella progettazione architettonica, nei musei. È autore di libri e articoli e ha organizzato, su questi stessi temi, conferenze, dibattiti e corsi specializzati in Italia e all'estero: Tokio,San Paolo del Brasile, New York, Kuwait, Londra, Ankara.