I robot sostituiranno gli avvocati?

Diego Comba

Avvocato specializzato in diritto commerciale internazionale, contrattualistica internazionale, controversie commerciali internazionali e ADR

 

Forse sta già accadendo… o così qualcuno sostiene. Esistono numerosi  programmi che introducendo l’intelligenza artificiale nel diritto si propongono  da un lato di offrire agli studi legali nuovi potenti strumenti di anticipazione dei risultati della giurisprudenza, dall’altra di consentire a chi acquista il programma di redigere addirittura pareri o memorie da presentare direttamente al giudice nel processo.  
Vi sono gli “ottimisti” ad oltranza: ad esempio un recente articolo del Sole24ore dell’8 febbraio 2018 parla entusiasticamente di una “rivoluzione tecnologica che sta mutando il volto dei grandi studi legali, in particolare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Una rivoluzione non meno esaltante di quella del fintech, o delle idee diventate enormi business come i motori di ricerca o i social media”. Basterebbe - a dire del giornalista - scorrere le offerte sul mercato di programmi di I.A. “per trovare intelligenze artificiali in grado di automatizzare i lavori routinari dell’ambito legale, oppure di setacciare i “big data” per preparare le cause o raccogliere informazioni di ogni tipo”.
Alcuni operatori di mia conoscenza stanno elaborando un progetto di cui intendo parlarvi nelle prossime settimane che mira ad estrarre da una massa sempre più considerevole di sentenze di giudici italiani una rete di parole chiave che consentiranno di elaborare un parere o un atto su qualunque questione giuridica.
In questo primo intervento intendo rivolgere agli avvocati italiani che ci leggono due semplici domande.
La prima domanda mira ad accertarsi di quanto siamo consapevoli della reale portata dell’introduzione di programmi di intelligenza artificiale nella professione legale. Si tratterà o già si tratta di programmi che automatizzano lavori noiosi e routinari che uno studio legale svolge per il cliente anche ad un livello complesso (fatturazione, lettere di intimazione, fascicolazione dei documenti) di gestione della pratica?  Oppure siamo di fronte a programmi sofisticati  che implicano la sostituzione di segmenti importanti dell’attività normalmente svolta dagli umani (avvocati) quali la ricerca giurisprudenziale e dottrinale o la redazione di pareri e atti?
La seconda domanda riguarda gli effetti che una tale sostituzione – se effettivamente attuata e praticata su vasta scala – potrà comportare.
Effetti sociali: c’è chi prevede la perdita nei prossimi dieci anni su scala mondiale di 110.000 posti di lavoro nel settore legale. Si tratta, sembrerebbe, degli addetti a funzioni “routinarie” (nel mondo anglosassone i paralegal). Ma quali sono le funzioni routinarie in un lavoro di ricerca e di valutazione di regole e di sentenze in un contesto di complessità crescente sia nella produzione delle leggi, sia nella politica che le produce, sia nei conflitti economici e sociali?
Effetti culturali: quale saranno gli effetti sulla qualità del lavoro degli studi legali che utilizzeranno i programmi di A.I.? Gli altri avvocati ne saranno condizionati? In altre parole la qualità migliorerà o peggiorerà a seguito dell’introduzione massiva di programmi di intelligenza artificiale nel mondo del diritto?
Con questo intervento non intendo dare una risposta alle due domande, ma sollecitare l’intervento di tutti gli avvocati e più in generale i giuristi: quelli favorevoli  e quelli sfavorevoli purché sostenuti da ragioni di intelligenza umana (I.U.).

 

Socio fondatore dello Studio Comba e Rosano, è specializzato in diritto commerciale internazionale, contrattualistica internazionale, controversie commerciali internazionali e ADR. Svolge attività di assistenza e accompagnamento delle imprese italiane all’estero. In particolare assiste le imprese italiane nella negoziazione di accordi internazionali di agenzia, distribuzione, trasferimento di tecnologia e Joint Venture con partner esteri. È presidente di Aequitas ADR, Organismo di mediazione riconosciuto dal Ministero di Giustizia e membro della rete World Wide Negotiation.