Pomodori e Fisica dei Quanti

Carlo Ruggeri

Uomo di incarichi pubblici
e coltivatore di simbologie medievali

La scienza è distinguere il conosciuto dallo sconosciuto.

Ciascun uomo è a modo suo scienziato, sia che indaghi la fisica dei quanti, sia che coltivi pomodori e inevitabilmente ritrova sul suo cammino quel sottile filo che separa conosciuto da sconosciuto. E quel filo vuole seguire e dipanare, attraverso brevi o lunghe incursioni, ora da un lato, ora dall’altro.
C’è chi segue un tracciato comodo e ampio, che corrisponde a un sentiero già segnato, e qualora dovesse sbandare o cadere, si farebbe poco male; ma c’è chi si avventura in equilibrio su un filo teso sospeso tra terra e cielo, e una sua caduta sarebbe disastrosa.
Ma, tant’è, tutti siamo attratti da un polo o dall’altro, mentre percorriamo quel confine.


Siamo attratti dal conosciuto e coltiviamo i pomodori seguendo la regola aurea “ si è sempre fatto così”, siamo però anche attratti dallo sconosciuto, da quello che non si è mai fatto. Nel primo caso possiamo più o meno prevedere quello che raccoglieremo; nel secondo caso in realtà non sappiamo bene cosa stiamo facendo e corriamo un rischio: pessimo raccolto o risultati straordinari con pomodori che nessuno aveva mai visto…e l’idea di diventare campioni di pomodori ci vellica l’orgoglio e ci attrae.
Fra i risultati certi e il rischio che si può correre, la differenza non è grande, se parliamo di pomodori…Ma se alziamo l’asticella della complessità il rischio può aumentare a dismisura.
Chi esplora nuovi territori del sapere e cerca di spingere in avanti il confine della scienza, sa bene che deve indagare oltre il confine del conosciuto e cercare lì nuove soluzioni.
Ma appena si accinge a farlo, immediatamente cade in una contraddizione apparentemente insanabile: si trova soltanto quello che si sta cercando e si può cercare soltanto qualcosa che già si sa?. Non si può trovare nulla se già non ne conosciamo neppure i contorni.
La prova? Eccola: quante cassette della posta vediamo  quando passeggiamo per la città? Risposta: nessuna. Bene.
Se usciamo perché dobbiamo spedire una lettera al commercialista o alla fidanzata, quante cassette della posta vediamo? Risposta: la prima che si presenta lungo il nostro cammino.
Abbiamo trovato la cassetta perché non solo la cerchiamo, ma anche perché sappiamo come è fatta: un parallelepipedo rosso appeso ad una parete.


Ecco dunque il nodo: se non conosco cosa cerco, non lo posso trovare. Ma se già lo conosco, perché dovrei cercarlo?
La questione non è poi tanto peregrina. Anzi, è oggi la vera questione.
Non possiamo che comprendere e apprezzare l'onestà intellettuale di quel relatore che, a conclusione della sua conferenza sulla Quantistica, ha dichiarato  “ Se nella mia esposizione sono stato chiaro e mi avete capito, mi scuso: vuol dire che non mi sono spiegato bene…”.
E infatti, per avere una spiegazione delle dinamiche delle particelle subatomiche, lo scienziato è costretto a usare termini inusuali e oggettivamente illogici: spazio astratto…spazio delle potenzialità... la realtà è creata dall’osservatore!
Al punto che, già negli anni ’40 del secolo scorso, l’astronomo e fisico James Jean poteva scrivere ”…l’universo comincia a sembrare più simile a un grande pensiero che non a una grande macchina”.
Dobbiamo dunque dar ragione al nostro relatore e studioso di Quantistica: quando lo scienziato si spinge oltre il limite del conosciuto per guardare e capire "sustanze e accidenti e lor costume"scopre che le parole lo tradiscono e non può spiegare quanto è inspiegabile con gli unici strumenti che sa maneggiare, la logica e l’intelletto.


La frontiera più avanzata della scienza non si può esprimere con le parole e l’oggetto della sua ricerca è "ineffabile", cioè quanto non si può esprimere con le parole.
Ecco risorta dopo secoli di oblio la mistica medievale!
Di fronte all’impossibilità di rendere con la logica la meraviglia del creato e l’onnipotenza del Creatore, il filosofo medievale trova al dilemma una soluzione che assume la stessa meravigliosa immensità di quanto sta indagando: l’ineffabile.
L’uomo diventa cosciente che vi sono cose che non possono essere incasellate nello schema del comprensibile e crea una casella proprio per queste. Nell’universo della sua logica fa posto anche a quanto è inconciliabile con la logica stessa e scopre una nuova grande verità: non solo sa di non sapere, ma anche sa che non raggiungerà mai la conoscenza del tutto.
Ecco allora che la febbre del suo intelletto che voleva indagare e capire, finalmente si placa, l’indagatore si acquieta, trova la sua pace e continua a guardare il mondo con meraviglia.
Non trova pace oggi lo scienziato che si avvicina sempre più alla verità: ad ogni passo vittorioso del suo cammino scopre che la verità non è lì dove aveva immaginato, ma si nasconde molti altri passi in avanti.
Siamo andati oltre rispetto ai mattoncini di Democrito che formano la realtà, duemilacinquecento anni non sono passati invano, ma siamo sempre alle prese con i mattoncini, questa volta più piccoli e più complessi, che da sempre formano la realtà, secondo misura, numero e peso.
Ci addentriamo in territori sconosciuti che non sono spiegabili e questo non ci turba e non ci meraviglia.
La Meraviglia, “sentimento improvviso di viva sorpresa per cosa nuova e straordinaria” ci sta abbandonando.
Eppure nella storia dell’uomo, e di ogni uomo, La Meraviglia sentimento improvviso è stato il motore formidabile che ha spinto a indagare.
L’emozione e il moto dello spirito (più che quello della ragione) sono state i fedeli alleati che ci hanno condotto a scoprire un mondo mirabile, cioè degno di essere guardato con ammirazione.
Il mistico medievale, studiava e pensava e giungeva ad una beata contemplazione, perché il suo obiettivo era capire e, come ci hanno tramandato i frati che cantavano in coro dietro l’altare, provando il loro più alto giubilo: "comprendere è bello come cantare".
Ma oggi non basta comprendere, si vuole capire per poi trarre qualcosa dalla nuova conoscenza e trasformare il pensiero in cose, oggetti, apparati che diventeranno indispensabili per gli uomini.
In attesa di nuove scoperte che produrranno cose ancora più indispensabili…
Ma non siamo contenti. E forse non siamo neppure meno ignoranti.
Andrea Alciato nel suo Emblematur liber, stampato nel 1531, a proposito dell’ignoranza, ci ricorda che “ È triplice la causa e l’origine di tanto male: c’è chi è reso ignorante dall’indole frivola, chi invece dal molle piacere, chi ancora dalla superbia d'animo: non mancano in questo mondo."
Tranquillamente tutti, scienziati e non scienziati, percorriamo le comode strade dell’ignoranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Ruggeri è nato a Varazze nel 1950. Insegnante di Educazione Artistica, poi funzionario della Lega delle Cooperative, nel corso degli anni ha ricoperto incarichi in Enti e Società pubbliche e private. E’ stato Sindaco di Savona, per due mandati e successivamente Assessore della Regione Liguria.
Esauriti gli incarichi pubblici, oltre all’orto, coltiva la sua formazione storico-umanistica acquisita presso il Liceo Artistico di Savona, l’Università di Genova e nel corso degli anni d’insegnamento, approfondendo lo studio della storia, dell’arte e della simbologia medievale.