Un poliziotto durante la sua ronda notturna, vide un uomo ubriaco che cercava qualcosa sotto un lampione.
- Che cosa sta cercando?
- Le chiavi di casa.
- Le ha smarrite qui?
- No, laggiù.
- E perché le cerca qui, sotto il lampione?
- Perché laggiù è troppo buio, mentre qui c’è una buona luce.
Questa storiella, decisamente illuminante (per rimanere in tema con la luce) rappresenta molto bene la paradossale situazione di chi, nel cercare la soluzione di un problema (la chiave) la cerca nel posto sbagliato pur di non uscire dalle proprie abitudini o dalla propria zona di comfort (la luce). Si tratta del “paradosso del lampione”, che Paul Watzlawitck, psicologo e filosofo della comunicazione, riportava in un suo acuto libretto dall’ironico titolo "Istruzioni per rendersi infelici” del 1984.
Risolvere problemi: la nostra occupazione principale.
Quante volte nella nostra vita abbiamo agito con la stessa logica dell'ubriaco? O quante volte ci siamo trovati nei panni del poliziotto, che osserva dall’esterno la situazione e proprio per questo riesce a vederne lucidamente le contraddizioni? Scendendo su un piano più concreto, potremmo dire che risolvere problemi è la principale attività che ognuno di noi quotidianamente svolge nel proprio ambito di attività, per conseguire dei risultati. E anche se l’espressione " problem solving"può sembrare ostica, di fatto la capacità di risolvere i problemi è una competenza e una qualità quanto mai indispensabile in tutti i contesti.
Metakoinè: un metodo che allena alla soluzione dei problemi
Nei percorsi personali o professionali di coaching e metacomunicazione che come Metakoinè, con la collega psicoterapeuta Céline Lostia, presentiamo nell’evento del 27 ottobre prossimo a Savona, alleneremo i partecipanti a usare la creatività per risolvere problemi emozionali, relazionali, organizzativi. Infatti il "problem solving" è quella competenza che ci permette di far fronte all’imprevisto impiegando appunto il cosiddetto “pensiero laterale”, ovvero quello in cui attiviamo l’emisfero destro del cervello. Come coach, utilizzo diversi ancoraggi e attrezzi creativi che rendono giocoso e motivante l’incontro: tra questi una tecnica innovativa e inedita : si chiama Cromoprogramma , e utilizza i colori come scala di riferimento per accompagnare le persone al conseguimento di un certo obiettivo in un tempo concordato. Colori, profumi, strumenti di misurazione del tempo: tutti questi attrezzi ci allenano non solo a cercare la risposta giusta alla nostra domanda, ma prima ancora, a porre il problema nel modo giusto.
Il problem setting viene prima del problem solving
La storiella di Watzlawick ci ricorda infatti che troviamo spesso delle scuse per non cercare la chiave nel posto giusto. Possiamo cercare con tutta la accuratezza che vogliamo qualcosa, ma se la cerchiamo del posto sbagliato non la troveremo.
La soluzione di un problema dipende prima di tutto da come questo si definisce e si pone: la maggiorparte degli interrogativi che vengono proposti all’opinione pubblica da parte del mondo politico, mediatico o semplicemente nei talk show televisivi ad esempio, ci mettono di fronte a una domanda malposta, spesso costruita ad arte per chiedere all’interlocutore se sta di qua o se sta di là, se la risposta è si o no. Insomma, si sta cercando la chiave nel posto sbagliato, spesso con un sotteso intento manipolatorio.
Risolvere i problemi con metodo: una disciplina in continua evoluzione
L’analisi e la soluzione dei problemi è stata sviluppata proprio come una specifica disciplina nel mondo dell’ingegneria e della progettazione industriale, nel mondo delle organizzazioni, nel mondo della ricerca scientifica. Perché, è vero che prima o poi forse alla soluzione di un problema ci si arriva, ma un’azienda non può permettersi di farlo in tempi lunghi e incerti e con un eccessivo dispendio di denaro e di risorse. Come fare perché questo non si verifichi?
Bisogna fare quello che in ambito aziendale si chiama “analisi strategica” o più precisamente “problem setting”: imparare a porre il problema nel modo più adeguato, coretto e rispettoso di tutte le variabili e osservando la questione da tutti i punti di vista.
Umberto Santucci, teorico del problem setting e brillante consulente strategico, nel suo libro Fai luce sulla chiave (L’Airone 2007) ha così sintetizzato le fasi del processo di soluzione di un problema:
problem finding: rendersi conto del problema
problem setting: definire il problema
problem analysis: scomporre il problema in problemi secondari
problem solving: eliminare o cambiare le tentate soluzioni che mantengono il problema e rispondere alla domande poste dal problema
decision making: passare all’azione.
Le tecniche migliori per risolvere i problemi del nostro quotidiano.
Se questo schema viene applicato con successo nel mondo della ricerca, del marketing e dell’innovazione, perché non dovremmo farne tesoro per risolvere al meglio i problemi della nostra vita? Per trovare una nuova collocazione professionale che ci gratifichi di più? Per imparare a dipanare con metodo le matasse di problemi che ogni mattina ci troviamo sulla scrivania? Oppure per trovare la chiave per entrare in sintonia con una persona con cui facciamo fatica a relazionarci?
Nel coaching , e in particolare nel metodo Metakoinè, utilizziamo diversi modelli che sviluppano sia il “problem setting” che il “problem solving” (termini che mi guardo bene dall’utilizzare nella sessione pratica, dove i processi avvengono naturalmente, le cose si fanno e non c’è bisogno di etichettarle per farle funzionare!) Modelli testati ma di di cui voluto sperimentare la validità personalmente, prima di tutto applicandoli alla mia organizzazione professionale, alla comunicazione, ma soprattutto nel mio banale (e non mai così banale) quotidiano.
Perché nella vita di tutti i giorni, è normale perdere le chiavi, ma è importante avere un metodo per saperle cercare e ritrovare.