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Emergenza Covid19: effetti collaterali. #iorestoacasa? Una questione di coscienza.

Intervista di Monica Brondi a Riccardo Manzotti, Docente di Filosofia Teoretica IULM Milano

Dove si trova la nostra coscienza? Una risposta radicalmente nuova a questa ­domanda si trova nell’ultima pubblicazione di Riccardo Manzotti, docente di Filosofia Teoretica allo IULM di Milano, ingegnere, filosofo ed esperto di Intelligenza Artificiale (“La Mente Allargata”, Il Saggiatore, 2020). In questi giorni, l’autore si è fatto conoscere oltre l’ambito scientifico-filosofico grazie a un articolo dal titolo #Iostoacasa: come la paura e la mancanza di ragione uccidono la libertà e la democrazia, dedicato ai temi dell’emergenza Coronavirus pubblicato su LeoniBlog.it che ha raccolto l’interesse di un numero altissimo di lettori. Approfondisco le sue posizioni attraverso il suo sito e lo contatto per un’intervista. La nostra conversazione telefonica si svolge piacevolmente su un delizioso sottofondo di uccellini, perché il professore mi risponde dal giardino del condominio dove risiede: seduto sull’erba di un piccolo fazzoletto erboso, incastrato tra muretti e posti macchina. 

“Prof. Manzotti, il suo libro La mente allargata offre una risposta affascinante alla domanda che la filosofia e le neuroscienze da tempo si pongono, ovvero in quale organo ha sede la nostra coscienza. Secondo le sue ricerche la coscienza non è dentro il cervello, ma nel mondo intorno al corpo. Ci spiega meglio questo concetto?” 

“Provo a sintetizzarlo nel modo più semplice. Molti studiosi e persone di buon senso hanno cercato la coscienza dentro il corpo e, spesso, dentro il cervello. Ma hanno trovato qualcosa? No, finora nulla. Quindi è giunta l’ora di cercare la coscienza altrove. Dove? Nel mondo esterno al nostro corpo, negli oggetti fisici di cui facciamo esperienza. Infatti, se la coscienza è un fatto reale, e i fatti reali sono accadimenti fisici, deve esistere qualcosa di fisico che corrisponde alla nostra esperienza cosciente. 
Alla base di questo concetto c’è un’ipotesi scientifica molto semplice: l’Identità Mente-Oggetto (MOI). Se noi ci guardiamo dentro, nei nostri ricordi, nelle nostre emozioni, troviamo solo elementi che ci rimandano a fatti, accadimenti, persone e oggetti al di fuori di noi. La nostra esistenza e la nostra esperienza sono letteralmente fatte del mondo della nostra vita. Il nostro corpo è parte di un unico sistema complesso che chiamiamo mondo e che è fatto di tante altre cose. Perché stupirsi del fatto che la nostra mente potrebbe essere identica con gli oggetti fuori del nostro corpo invece che con i neuroni dentro il nostro cervello?"  

 
"Non abbiamo esordito parlando di coscienza a caso. Infatti anche i temi dei suoi recenti articoli sul web, coinvolgono aspetti di coscienza e responsabilità civile.
La domanda che dalle pagine di Metakoinè, in questo periodo, sto rivolgendo a esponenti di vari discipline e settori, e che rivolgo quindi anche a lei, è: dal suo punto di vista di filosofo e psicologo, ma anche di cittadino, quali sono i più importanti e più gravi effetti collaterali che l’emergenza Coronavirus ha determinato per il nostro Paese?”

Parlando di effetti collaterali, direi che la campagna #iorestoacasa ha dimostrato come, in pochissimo tempo, ignoranza e paura possono cancellare il patto di mutua ragione tra cittadino e istituzioni. Di fronte alla minaccia del virus e il rischio del collasso del sistema sanitario, il governo ha proceduto, a partire dal 21 Marzo, a una campagna di quarantena basata sull’hashtag #iostoacasa convincendo milioni di italiani che stare il più a lungo possibile nel chiuso delle loro abitazioni è l’unica strada possibile per fermare l’avanzata del virus.

È ovvio per chiunque abbia un po’ di buon senso che stare al chiuso con la famiglia non è sostenibile per più di qualche giorno e che è inevitabile accedere a supermercati e altri servizi essenziali. In questo modo si rende vana la applicazione letterale del diktat #iostoacasa. Ma è altrettanto evidente che non si tratti neppure di una misura necessaria, perché basterebbe stare a distanza e seguire le norme previste dalla OMS (mascherine, lavaggio mani, etc).

In questa quarantena, l'atteggiamento delle istituzioni nei confronti dei cittadini si è basato sulla presunzione che gli italiani siano irresponsabili e immaturi, dei bambini capricciosi, , e quindi sulla necessità di far leva sulla paura del contagio per far applicare le prescrizioni e le restrizioni senza possibilità di replica.

Inoltre, la richiesta ai cittadini di compiere un sacrificio è stata ideologicamente efficace, soprattutto in un paese con le nostre radici storico-culturali. Stare a casa è diventato un gesto scaramantico, che si fa per motivi tra la superstizione e l’appartenenza alla comunità. Ai virologi non vengono chiesti lumi circa i meccanismi di trasmissione del virus, ovvero un trasferimento di conoscenza che richiederebbe, da parte delle persone, un atteggiamento di comprensione critico-scientifica del problema, ma regole e direttive da applicare in modo fedele salvo eccezioni. 

Certo, ogni società può proporre le sue regole, ma senza pretendere che il proprio bene (quello della società in gioco) diventi il bene universale o debba corrispondere al bene di ciascuno. La paura del virus ha spinto molti a rinunciare ai propri diritti individuali. Accettare il diktat dello stare in casa senza ragione non è solo un rischio sanitario (a prescindere dal danno economico, il danno che tutti avranno da questa inutile clausura domestica), ma soprattutto il fallimento del patto di ragione tra stato e cittadino.

“A suo avviso sarebbe stato possibile in Italia, di fronte a un’emergenza sanitaria così grave,  fare scelte diverse dall’ #Iostoacasa e dal conseguente lockdown ?”

Certo che sì. Infatti, altri stati, come la Svezia, hanno adottato altre strategie che hanno lasciato alla singola responsabilità dei cittadini le misure di autotutela, risparmiando ai cittadini e all’economia svedese i danni di un totale lockdown, che invece riscontriamo pesantemente nel nostro Paese. 

“Quali rischi corriamo a livello di società civile dopo questa fase inedita della nostra storia? Come possiamo trarre da questa esperienza spunti di riflessione e che cosa possiamo fare per ridurre "gli effetti collaterali” di questa emergenza?”

A proposito dei rischi e delle conseguenze, mi limiterò a citare quelli principali, cui potrei far seguire una lista ben più lunga: 

  1. Il danno economico-strutturale che il nostro Paese ha subito può costituire un rischio importante per il futuro del sistema Italia; 
  2. Il venir meno del patto di ragione e fiducia tra stato e cittadini potrebbe diventare una ferita insanabile nelle coscienze degli italiani;
  3. Gli individui sono stati ridotti a corpi e non più visti come persone con i loro diritti;
  4. La presentazione mediatica degli inosservanti delle regole come di “furbetti” da perseguire (a prescindere dalla ragionevolezza delle loro motivazioni e dall’irragionevolezza di molte regole) ha indotto un atteggiamento di adesione cieca all’ideologia del #Iorestoacasa e di condanna senza appello dei non allineati.


Credo che il nostro impegno dovrebbe essere rivolto a 4 valori importanti: la ragione, intesa come razionalità e come senso critico individuale, la responsabilità sociale delle proprie scelte, la solidarietà e la fiducia tra cittadini verso battaglie civili comuni.