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"La Stele di Rosetta della mente umana": come far dialogare le neuroscienze con la psicologia?

Vincenzo Sanguineti

Psichiatra professionista, professore associato alla Jefferson University

Prof. Sanguineti, lei esercita da più di 30 anni la professione di neuropsichiatra e di psicoterapeuta negli stati Uniti, e precisamente a Filadelfia. Qual'è la sua formazione e quali sono le metodiche e i modelli che utilizza nella sua attività e per che tipo di problematiche prevalenti?
Ho avuto la gran fortuna di contatti prolungati con differenti nazioni, di diverse culture, strutture sociali, e linguaggi, che mi esposero alle vaste differenze ed alle comuni radici dell’essere umano.
Laureato in medicina in Milano, esercitai per anni in Africa, come medico chirurgo – ed ostetrico – prima di muovermi negli Stati Uniti, dove tornai alla mia passione iniziale, la psichiatria, completando una specializzazione all’Università di Yale.
Nella mia pratica ho gradualmente integrato le informazioni fornite dalle neuroscienze con il vasto campo di dati forniti dalle varie tecniche di psicoterapia, utilizzando il contributo di molti, tra cui Freud a Jung – con la sua visione di programmi psichici che risalgono alle origini e ripropongono la “conoscenza inconscia” di Damasio e lo spazio delle fasi di  Boltzmann,  Poincaré, e Gibbs.
In ultima analisi ogni processo patologico – sia del corpo che della mente – si traduce nella percezione di sofferenza che ne deriva. La mia missione è il cercare di alleviare tale sofferenza, e, ove possibile, identificarne e controllarne le cause. Quindi una pratica a vasto raggio, che richiede una varietà di tecniche terapeutiche, da adattare al caso specifico.

 

Nel 2007 lei pubblicava negli States un testo che risulta anticipatore di quelli che sono proprio i temi del progetto Metakoinè. Si tratta del libro non ancora tradotto in Italia "The Rosetta Stone of the Uman Mind. Three languages to integrate neurobiology and psychology", dove lei denuncia la necessità che il mondo della psicologia e il mondo delle neuroscienze e della neurobiologia possano interagire, dialogare e mettere a sistema le specifiche scoperte e conoscenze. Ci può raccontare in sintesi l'argomentazione del libro?
Il nodo della mia ricerca in “Rosetta” è il problema – non ancora risolto – della relazione tra programmi neurologici ed immagini mentali: “come la materia diventa immaginazione” (usando il titolo di un’opera di Edelman) e viceversa. Il ponte tra queste due dinamiche della mente umana richiede un’integrazione o collimazione del linguaggio neuroscientifico con il linguaggio psicologico. Tale integrazione deve rispettare le regole, espresse nel terzo linguaggio della scienza pura, che guidano ed organizzano l’universalità della vita: quell’immenso conglomerato di esseri biologici di cui l’umanità rappresenta solamente un aspetto. Tale scienza comprende sia il fisicalismo riduttivo di Newton che le varie forme di emergentismo, da Mills ad Alexander ed a Kim.
Rosetta è uno studio sull’integrazione e la collimazione di tre linguaggi. Il primo è appunto il linguaggio fisico-matematico appena descritto; gli altri due linguaggi appartengono al panorama della psicobiologia, e descrivono specificatamente il cervello e la mente umana. L’informazione viene offerta o attraverso il linguaggio obbiettivo, dipendente da un osservatore esterno, della neurobiologia (comunemente identificata con le neuroscienze); o come il linguaggio soggettivo, in prima persona, della mente in esame (comunemente identificato con il regno della psicologia).
Rosetta cerca di dimostrare la comprensibilità dei tre linguaggi; il fatto che fondamentalmente essi descrivono gli stessi fenomeni, usando differenti metafore che emergono dallo “spazio delle fasi” creativo di specifiche strutture mentali; e come, attraverso l’uso delle diverse “traduzioni”, tali fenomeni, osservati in modo non più unidimensionale ma bensì tridimensionale, assumono maggiore profondità e chiarezza.

 

Oggi,  a distanza di diversi anni, questo processo di integrazione e di interdisciplinarità tra psicologia e neuroscienze è andato avanti e ha favorito la ricerca e la conoscenza o continuano ad esserci resistenze ad interagire tra i due mondi?
Direi che il mistero dell’emergenza di immagini mentali dal substrato neurologico non è ancora stato risolto. L’impressionante sviluppo tecnologico e l’avvento dei diversi modelli di intelligenza Artificiale ((IA) hanno inclinato notevolmente la bilancia verso un riduttivo materialismo scientifico che offre un alto livello di precisione e replicabilità. Purtroppo tale scienza, continuando il divorzio dalla famiglia delle Arti iniziato con l’Illuminismo, si è identificata esclusivamente con il razionalismo oggettivo ed il fisicalismo; si è fatta noncurante delle correnti emotive, sia collettive che individuali, che influenzano la direzione della ricerca scientifica e l’interpretazione dei risultati; ed ha enfaticamente ripudiato ogni partecipazione di temi metafisici alla realtà “scientifica”, arrivando a rifiutarne perfino l’esistenza tranne che come primitive allegorie di umane necessità ed aspirazioni .
Naturalmente questi temi non possono scomparire in quanto rappresentano – usando la terminologia di Kepler, Jung, a Pauli tra gli altri – strutture archetipiche profondamente inserite nell’organizzazione dell’ordine cosmico, superiori alla dimensione fisica, e riscoperte ad ogni ulteriore esplorazione dell’ordine cosmico.

 

Come valuta, dal punto di vista della sua esperienza di psicoterapeuta Jungiano e di neuropsichiatra, le "nuove" discipline e tecniche di cambiamento e di miglioramento personale e professionale come il coaching, la PNL e il counseling?
Ogni disciplina che emerge da un’onesta ricerca nell’enorme complesso dello spazio delle fasi mentale ha da essere apprezzata ed il suo valore nel campo terapeutico deve essere esaminato senza preconcetti. E’ forse opportuno ricordare che il cervello è la struttura più complicata dell’intero universo ma significativamente molto più semplice della mente umana; quindi, siamo un poco tutti come i famosi ciechi attorno all’elefante: quello con cui veniamo a conoscenza è una realtà, ma soltanto una minima parte dell’intero fenomeno; un quadro più approssimativo dell’elefante sarà’ ottenibile solo con il condividere le nostre molteplici e diverse esperienze e con l’accettare il fatto che sia il materialismo che gli esperimenti di IA possono solo offrire una parte, quella  limitata alla meccanica, del mistero del nostro esistere soggettivo.

 

Ritiene che per ridurre disturbi assolutamente "normali" e non patologici ma sempre più diffusi' come l'ansia, lo stress, la perdita di motivazione e l'assenza di obiettivi, possa risultare efficace l'impiego della creatività, del gioco e della multisensorialità?
Assolutamente! L’angst di una società, o di un periodo storico, si rende evidente nei membri altrimenti “sani”. Ricordando Edelman, in questo caso l’immaginazione “diventa” la materia: i programmi neurologici riflettono la tensione mentale; non il contrario.
Quindi, ogni esperienza che vivifica, che restituisce la joie de vivre, che è diretta verso una ricarica della componente edonistica della psiche può avere un notevole effetto nel neutralizzare o contenere la tensione del vivere moderno. La dimensione sensoriale gioca un ruolo predominante nell’esperienza del vivere, dato che i sensi rappresentano il nostro solo canale di contatto con il mondo attorno a noi; come i ciechi dell’elefante, usiamo i nostri sensi per esplorare la realtà, e per immaginarla.

 

Psichiatra professionista, professore associato alla Jefferson University. Laureato all'Università di Milano, si è trasferito negli Stati Uniti nel 1970, dopo aver trascorso diversi anni in Africa. Ha completato la formazione in psichiatria alla Yale University ed è stato membro della facoltà fino al suo trasferimento a Philadelphia nel 1989. Tra i suoi libri "Landscapes" e "Rosetta" trattano l'estrema soggettività e unicità di ogni mente individuale; come la mente opera simultaneamente a livello neurologico e psicologico; e il suo concetto pionieristico di coscienza del cervello, che semplifica la comprensione dei fenomeni inconsci.