Dolcissimo, possente,
Dominator di mia profonda mente
Terribile, ma caro…
È l’incipit della poesia di Leopardi Il pensiero dominante, che descrive lo stato d’animo di chi, in preda all’innamoramento, si sente totalmente assorbito e appagato dall’idea dell’amata. Molto diversa è la condizione che viviamo noi oggi, che anziché avere la mente invasa dall’amore, ce la siamo fatta monopolizzare da un virus.O tempora! O mores! Ma come abbiamo fatto a ridurci così?
Il Covid19 aggredisce l’apparato respiratorio in una percentuale limitata di soggetti, ma colpisce metaforicamente l’apparato cognitivo di quasi tutta la popolazione: infatti da inizio marzo il nostro pensiero dominante è il Coronavirus.
E a parte chi giustamente lotta contro la malattia perché contagiato o congiunto di malato, o chi si trova come medici e infermieri direttamente coinvolto in questa battaglia, la maggiorparte degli italiani per fortuna vive il Covid19 di riflesso, ovvero come rischio, oppure in termini di limitazioni e restrizioni che sono la conseguenza del virus: ma non come fattore oggettivo che ha un impatto diretto sulla propria vita.
E se il virus è solo un rischio e non un fattore che ha un incidenza tangibile e concreta sulla nostra vita, perché resta il nostro unico pensiero dominante?
Quanto è giusto e naturale che la nostra mente sia totalmente assoggettata da questa idea fissa? Possiamo diventare preda della paura di un unico “nemico” dimenticandoci che esistono, come sempre coesistono, tanti altri fattori di rischio che possono impattare, in termini probabilistici, forse anche di più sulle nostre esistenze?
Il Covid19 , è stato ampliamente dimostrato, non è stato creato in laboratorio, ma è derivato da quei "salti di specie” che fanno parte di un processo dovuto a una promiscuità forzata tra alcuni animali e l’uomo, nella fattispecie il pipistrello o il pangolino, come ben ha rilevato in un suo recente e illuminante articolo intitolato What Is It Like to Be a Bat? Cosa si prova ad essere un pipistrello? il prof. Andrea Le Moli (docente di Filosofie dell’età contemporanea all’Università di Palermo).
Se possiamo definire il Coronavirus un fenomeno “ naturale", sia pure in certe condizioni “innaturali” di sfruttamento dell’uomo sull'animale, non possiamo affatto definire “ naturale" la paura del Coronavirus, ma semmai indotta dal sistema mediatico.
In questo senso, quello che Leopardi chiamava Il pensiero dominante è qualcosa di molto diverso da quello che oggi, in una diversa accezione forse più politica, definiamo come “pensiero dominante”, cioè che domina l’informazione e che quindi condiziona, attraverso la paura del contagio, tutte le nostre abitudini e i nostri stessi pensieri.
Una conseguenza inevitabile, il male minore, dirà qualcuno.
Vero. Ma siamo consapevoli e disposti ad accettare che le nostre vite siano agite da priorità e da allarmi sociali indotti? Quanto lavoro di autodifesa del senso critico individuale serve per contrastare una così forte pressione sociale e mediatica?
Possiamo decidere autonomamente quale vogliamo che sia, in questa fase della nostra esistenza, il nostro personale pensiero dominante?