Sul dialogo e sulla difficile arte dell'ascolto

Diego Comba

Avvocato specializzato in diritto commerciale internazionale, contrattualistica internazionale, controversie commerciali internazionali e ADR

 

Una discussione è un pò come una partita a ping pong
in cui le persone si ribattono idee avanti e indietro
e lo scopo del gioco è vincere o guadagnare punti per se stessi.
Può darsi che si accettino le idee di qualcun altro
per corroborare le proprie
ma il punto fondamentale resta
vincere la partita.
In un dialogo invece nessuno tenta di vincere.
Ciascuno vince se tutti vincono

David Bohm

Non siamo mai stati tanto connessi, eppure non abbiamo avuto mai tanti problemi ad interagire tra di noi in modo coerente e costruttivo. David Bohm, grande fisico quantistico amico di Einstein, ripeteva spesso questa frase, oserei dire in modo profetico dal momento che è scomparso trenta anni fa. Da allora le cose sono peggiorate: chiunque partecipa al gioco dei social network, va spesso a cena fuori o frequenta abitualmente un Bar Sport qualunque, assiste allo spettacolo di discorsi “consegnati” (delivered speaches) - senza attendere risposta - a followers, avversari, amici o nemici vicini o lontani. Affermazioni che finiscono per esprimere soltanto il proprio pregiudizio spesso basato su fatti distorti e incompleti, ma che vengono urlate e percepite come autentiche. Dal momento che i pregiudizi sono molto diversi tra loro, l’impressione di insieme è quella di un rumore che non genera alcunché.
D’altra parte chi esercita una professione, una tecnica o lavora con “esperti” in vari campi si è ormai abituato ad ascoltare o leggere affermazioni – espresse in un linguaggio per addetti ai lavori – che manifestano senza dubbi o esitazioni le verità ritenute essenziali per giungere a soluzioni razionali assolute e incontrovertibili.
In entrambe le situazioni sopra descritte non si attende una risposta, non si instaura un dialogo.
Del resto molti confronti – che implicano un’interazione tra più parti – sono in realtà discussioni, le partite di ping pong di cui parla David Bohm, nelle quali ciascuna parte si cimenta in un gioco di presentazione unilaterale di argomenti finalizzata a vincere. Anche qui l’interlocutore non viene considerato, non importa quanto garbato o “politicamente corretto” sia lo stile della discussione.
Qual è il rimedio a questo eccesso di aggressività che disgrega i nostri rapporti sul lavoro e nella vita privata? Il dialogo che prende seriamente in considerazione l’interlocutore ascoltandolo senza proiettare su di esso i propri pregiudizi: è un esercizio difficile, ma è l’unica medicina che può condurci a soluzioni creative, aiutandoci a pensare insieme, a superare i conflitti e gli stalli. Non si tratta necessariamente di un dialogo “a due”: forse oggi è necessario più che mai coinvolgere terzi facilitatori, mediatori, promotori di una comunicazione non rancorosa, ma rivolta al futuro e all’imprevedibile. Perché l’imprevedibile, nonostante tutte le nostre ansie di sicurezza, esiste ed è una grande risorsa per la nostra intelligenza.